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Troppo spesso si è indotti a considerare le piante come oggetti, come elementi d’arredo, e quindi a sistemarle in funzione dell’arredamento stesso. Bisognerebbe, invece, fare il contrario. Dobbiamo considerare che le nostre piante sono degli esseri viventi, e per noi devono contare come i nostri animali domestici, il gatto o il cane.

Cosa intendiamo per piante d’appartamento?

Coltivare le piante al chiuso non è facilissimo: abbiamo bisogno di qualche accorgimento in più e cure specifiche per le piante da interno. Le piante d’appartamento possono dividersi in quattro tipologie:

  • Piante ricadenti: hanno grandi qualità decorative e vanno collocare in vasi sospesi o posti sul bordo di piani e ringhiere
  • Piante erette: spesso di grandi dimensioni, occupano spazi vuoti con un ottimo impatto estetico
  • Piante grasse: di varie forme e dimensioni stanno bene dappertutto
  • Piante fiorite: danno splendide note di colore anche nei mesi invernali

Quali sono le credenze sulle piante da interno?

Ogni pianta ha le proprie esigenze: occorre conoscerne il genere e la specie e seguirle nella loro crescita. E per capire cosa fare, bisogna guardarle, toccarle, parlare con loro. Proviamo a rivedere, con un minimo di senso critico, le più diffuse credenze che riguardano le piante, in particolare le piante d’appartamento. Vedrete che ci sarà da stupirsi.

È vero che le piante “sentono”?

Le piante non sono dotate di orecchie. Però possiedono dei meccanismi molto evoluti di contatto con la realtà circostante. Le piante dunque reagiscono, forse non emotivamente, ma comunque fisiologicamente.

Bisogna parlare con le piante?

È probabile che vi sia una risposta fisiologica di benessere alle buone parole. C’è comunque un’altra spiegazione di tipo “chimico”. Il prodotto della nostra parola, come del nostro “respiro” è la CO2 (anidride carbonica), che è l’alimento base per l’esecuzione della fotosintesi. Ecco allora che, parlando vicino a una foglia, eseguiamo una mini-carbonicazione, a somiglianza di ciò che viene artificialmente fatto in molte serre, per aumentare l’efficienza fotosintetica.

È dannoso dormire con una pianta in camera?

No. La quantità di ossigeno sottratta di notte è comunque inferiore alla quantità di ossigeno fornita di giorno. Il bilancio è dunque positivo. Inoltre è stato calcolato, per raffronto, che una persona di notte consuma molto più ossigeno di una pianta.

Dove collocare una pianta?

Bisogna immedesimarsi nella pianta. Le cellule vegetali sono in parte diverse da quelle animali. Le piante non sono mobili e non hanno neppure organi di locomozione. Dove nascono, crescono e si sviluppano, adattandosi. Non andrebbero quindi mai spostate. Gli indecisi, che variano ogni giorno posto o camera, modificano continuamente condizioni di luminosità, umidità, temperatura, obbligando le piante a nuovi e continui adattamenti.

Esistono piante d’appartamento e piante da esterno?

Tutte le piante sono in un certo senso da esterno. Questo vuol dire che in casa potremmo tenere qualunque tipo di pianta, a patto di avere spazio, luce, temperatura, umidità. Quelle che noi coltiviamo in casa sono, quasi tutte, originarie dell’Africa o dell’Asia tropicale e vivono quindi in foreste umide lussureggianti, con livelli di umidità relativa prossimi al 100%. Il sottobosco è costantemente ombroso e il terreno è ricchissimo di sostanza organica in decomposizione; la temperatura è costante tutto l’anno.

Nei nostri appartamenti dovremmo dare dunque temperature e umidità elevate e costanti, e terreni ricchi e fertili. Le piante delle foreste tropicali, vivendo in substrati così ricchi, non sviluppano radici lunghe o fittonanti; ecco perché quasi tutte stanno bene anche in vaso.

È un problema la vicinanza al calorifero?

Le pianti tropicali al caldo starebbero benone. Il problema, derivato, è invece quello dell’ambiente secco. Bisogna umidificare tantissimo e bagnare abbondantemente. La temperatura influenza la crescita: aumentando fa aumentare le dimensioni della pianta. Tra le piante più esigenti (la temperatura non deve mai scendere sotto i 15°C):

  • Aglaonema
  • Anthurium
  • Aphelandra
  • Calathea
  • Cissus
  • Codiaeum
  • Dieffenbachia
  • Phittonia
  • Philodendron
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Meno esigenti (da serra fredda, cioè con temperature mai sotto i 10°C):

  • Cordilyne
  • Dracaena
  • Ficus
  • Nephrolepis
  • Pilea
  • Sansevieria
  • Schefflera
  • Tradescantia

Rustiche (resistono anche in piena aria in regioni a clima invernale mite:

  • Agave
  • Aspidistra
  • Aucuba
  • Aralia

Bisogna tenere la pianta in vasi stretti?

Sentiamo sempre più circolare questa credenza che non ha alcun fondamento. Le piante scelgono di fiorire, cioè di riprodursi, quando trovano un ambiente adatto, cioè il più favorevole possibile. Questo aiuta la diffusione e la conservazione della specie. Avere vasi grandi significa avere più terriccio a disposizione, più sostanze nutritive da assorbire, maggiore espansione dell’apparato radicale.

Non esiste alcuna competizione, all’interno della stessa pianta, tra organi differenti: cioè non sono in competizione i fiori con le radici, né le foglie si sviluppano a scapito dei frutti, ma tutto cresce armonicamente. Più crescono le radici, più si sviluppa la pianta e più avrà possibilità di fiorire. La fioritura, poi, sarà influenzata da altri fattori, come il fotoperiodo, ma non certo dal vaso stretto.

Pensate che in piena terra, per ogni pianta che vediamo, a parità di chioma corrisponde parità di apparato radicale. Immaginate quindi quale tipo di sofferenza possa patire una pianta qualsiasi per il solo fatto di vivere in un vaso stretto. Ecco perché quelle che riusciamo meglio a coltivare in casa sono quelle tropicali, a patto di fornire loro un terriccio molto ricco.

A cosa serve il tutore?

Molte piante, come ad esempio il Philodendron, hanno un portamento lianoso. Nelle foreste si abbarbicano su altre piante, cercando la luce e formando intrecci inestricabili. Quando i fusti prostrati si sviluppano orizzontalmente o sul terreno, in corrispondenza dei nodi si formano radichette. La pianta così si espande, captando nuove sostanze nutritizie o moltiplicandosi in caso di rottura dei fusti.

I tutori sono ricoperti di torba di sfagno e rappresentano, dunque, un organo di sostegno per la pianta. Inumidendo tutti i giorni e irrorando con fertilizzanti liquidi, favoriamo un miglior ancoraggio e una più efficiente nutrizione.

Bisogna tagliare le radici aeree?

Le radici prodotte dai nodi dei fusti di Philodendron spesso sono antiestetiche, però hanno uno scopo preciso. La pianta le emette per cercare nuovo alimento. Spesso però escono dalla superficie dei vasi e non coprono nulla. In tal caso bisogna inserirli nel terriccio per non sprecare sostanze nutritive. Se sono già nel terreno vanno assolutamente lasciate, in quanto sono una via di ristoro aggiuntiva all’apparato radicale.

È giusto tenere le piante vicino alla finestra?

Sicuramente sì. La luce è essenziale per la vita di una pianta; è ciò che permette la fotosintesi clorofilliana. La casa ottimale delle piante è la serra, in cui la luce arriva dall’alto e da tutti i lati. Nelle nostre abitazioni, invece, è direzionata, quindi diventa un fattore limitante. Ma attenzione: le piante arrivano a sfruttare fino al 30% della quantità massima presente in esterno (il resto è in esubero, perché viene sprecato a causa di un fenomeno chimico, detto fotorespirazione, che consuma i prodotti della fotosintesi).

Le nostre case, quindi, specialmente per alcune piante tropicali ombrofile, non sono poi tanto male. Tra le piante meno esigenti:

  • Aglaonema
  • Aspidistra
  • Anthurium
  • Sansevieria
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Un gradino sopra, quindi un poco più esigenti:

  • Cissus
  • Clivia
  • Dracaena
  • Peperomia
  • Pilea
  • Tradescantia

Decisamente più esigenti in luce:

  • Aeonium
  • Crassula
  • Echeveria
  • Euphorbia
  • Kalanchoe
  • Kentia
  • Ficus benjamin

Acqua: una volta alla settimana?

Abbiamo visto che l’acqua è uno dei reagenti chimici della reazione fotosintetica (funge da donatore di elettroni). Ma quanto bisogna bagnare? Premesso che ogni pianta ha le proprie esigenze, è difficile suggerire una ricetta precisa. Dipende anche dall’appartamento: calore, luce, correnti, sono tutti fattori che influenzano la traspirazione. Il consiglio migliore è quello di guardare la pianta: sarà essa a suggerirci quando bagnarla; in particolare osserviamo le foglie (quando comincia l’appassimento) e il terreno (asciugandosi schiarisce). Abituiamoci a tastare la terra anche in profondità per percepire se sia secca.

Bisogna lasciare l’acqua nel sottovaso?

Quando la pianta viene bagnata, va usata una buona quantità d’acqua. Annaffiamo da sopra e non da sotto: l’acqua stessa deve defluire trascinando con sé gli elementi fertilizzanti che vengono assorbiti dalle piante. Se invece irrighiamo solo il sottovaso, la pianta assorbirà unicamente l’acqua e ciò che vi è disciolto. Il modo migliore di procedere, poi, è allontanare l’acqua reflua, così come avviene nel terreno, dove viene drenata dagli strati sottosuperficiali. Altrimenti si potrà lasciarla nel sottovaso fino a quando la pianta la riassorbirà completamente attraverso i fori presenti nel vaso.

Quando la terra sarà completamente asciutta, irrighiamola nuovamente con abbondanza. Vi deve essere perciò un’alternanza tra asciugatura e bagnatura. L’asciugatura favorisce l’entrata nel terreno dell’ossigeno e il suo assorbimento radicale (le radici infatti non fotosintetizzano, ma respirano). Fino a che c’è acqua, tuttavia, non c’è ossigeno (infatti nell’acqua è pochissimo disciolto), con rischio di asfissia radicale. Molti problemi alle piante d’appartamento sorgono a causa degli eccessi d’acqua. I sintomi, (ingiallimenti, apparenti appassimenti), vengono confusi spesso con la carenza, inducendo facilmente in errore.

Vasi in plastica o vasi in cotto?

Il cotto è poroso (favorisce l’entrata dell’ossigeno), però si macchia di bianco (a causa del calcare) o di verde muschio (usate aceto o solfato ferroso per pulirlo). La plastica è leggera, non si rompe e costa meno, anche se è meno porosa. La cosa migliore è scegliere vasi in cotto per l’esterno, in plastica per l’interno; però attenzione: devono essere ben bucati e drenati. I coprivasi (di plastica, rame, o ceramica) impediscono di avere sotto controllo visivo l’acqua reflua: meglio scegliere, quindi, i classici sottovasi. Anche i contenitori con la riserva d’acqua possono creare problemi; le radici si infilano nella griglia di separazione, finiscono nello strato d’acqua ferma e fermentano anziché respirare.

E se la pianta “suda”?

Si tratta di un fenomeno normale. La guttazione, cioè la fuoriuscita di acqua dagli stomi (le aperture attraverso le quali, nel mesofillo fogliare, avvengono gli scambi gassosi), è collegata a un leggero stato di eccesso idrico.

Perché il “beniamino” perde le foglie d’inverno?

È un evento piuttosto frequente dovuto spesso al cambio di collocazione dall’esterno (d’estate) all’interno (d’inverno). È quindi una risposta negativa, di non gradimento, della pianta, che vede cambiate le condizioni ambientali. Il motivo principale è da ricercare nella carenza idrica generata dall’ambiente secco degli appartamenti quando i caloriferi sono accesi. Il Ficus benjamin è una pianta molto esigente e, diversamente da quanto riportato su molti testi, deve essere ben bagnata. Attenzione: se ha possibilità di recupero, non potatela, perché ha tendenza a risvegliare le gemme anche sui rami apparentemente disseccati.

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Quando rinvasare?

Ve lo suggerisce la pianta stessa, attraverso l’evidenziazione di appassimenti, intristimenti, decolorazioni della lamina, fuoriuscita di radici da sopra e da sotto il vaso. Togliendo il contenitore si può osservare spesso il cerchiaggio delle radici (in tal caso le radici si sviluppano concentricamente intorno alla circonferenza interna del vaso). Più il contenitore è grande e meglio sta la pianta. Il rinvaso si può effettuare in qualunque momento dell’anno. La casa è infatti un ambiente stabile. Attenzione però a non danneggiare in alcun modo le radici esistenti.

E l’argilla espansa, a cosa serve?

È un materiale drenante che dona quella macroporosità che favorisce il deflusso delle acque. Si mette in fondo al vaso, e ne bastano due o tre dita. Talvolta è mescolata ad alcuni terricci: infatti ha una forte capacità di trattenimento dell’acqua. Messa sopra la superficie del vaso, invece, non ha alcuna utilità, se non estetica. Non ha alcuna utilità nemmeno contro l’azione dei gatti, che, al contrario, ne sono attratti, perché vi giocano.

Le radici vanno tagliate?

Tagliare le radici non è una pratica consigliabile. Sono organi assorbenti, quindi vanno rispettate, anzi più piccole sono e più attività hanno. Quindi ripiegatele all’interno del nuovo vaso e copritele con la terra. Premete bene la terra nel nuovo vaso: il contatto del terriccio con le radici deve essere molto intimo.

“Dottore, la mia pianta ha i vermi!”

Se si utilizzano terricci molto ricchi di humus, spesso vi si ritrovano i lombrichi, che non sono affatto dannosi, ma utilissimi, in quanto metabolizzatori della sostanza organica e costruttori di humus.

E se arriva l’estate…

Portate fuori le vostre piante quando la temperatura esterna è uguale a quella interna (costanza di condizioni!), ma attenzione alle scottature. Le piante vanno abituate alla nuova esposizione a poco a poco. Perfino un gelsomino, notoriamente amante del sole, può scottarsi appena messo fuori. I tegumenti verdi sono come la nostra pelle e hanno bisogno di adattarsi alle mutate condizioni di luminosità. Abituate le piante al sole, oppure schermatele con tenui reti ombreggianti.

E le composizioni?

Spesso uniamo piante con diverse esigenze nello stesso vaso e sovente i contenitori non sono bucati. Il consiglio è quello di cercare di suddividere le varie piante e farle crescere separatamente.

Positivo è invece l’accorpamento: la creazione, cioè, di piccoli gruppi di piante, che, vicine le une alle altre, creano un microclima fatto di scambi gassosi e idrici.

È vero che il tronchetto della felicità porta i ragni?

Bisogna sfatare anche questa leggenda: né la Dracaena fragrans, né la Yucca aloifolia sono portatrici di alcun tipo di ragno.

Il limone fa i frutti in casa?

Può produrre fiori, che però devono essere impollinati da insetti o dal vento. Che in casa, ovviamente, scarseggiano. L’ambiente ideale rimane la serra fredda o la veranda molto ben illuminata, viste le grandi esigenze di luminosità della pianta.

E per trarre qualche conclusione?

Per essere felici con le proprie piante bisogna non solo guardarle ed apprezzarle, ma anche imparare ad amarle. La verità, infatti, sta spesso in ciò che non si vede. E nel caso delle nostre amiche è ancora più vero, perché ciò che non si vede sono le radici, il terreno, l’inizio e la fine di ogni cosa, ciò da cui si parte e dove si arriva.